lunedì 26 ottobre 2015

Il successo di un figlio.

Christian Johnson stava entrando nella sua limousine bianca. Con sé aveva una valigetta con i suoi lavori, che aveva riposto con cura sul sedile di fronte al suo. Quella mattina era in giacca e cravatta, un modello molto elegante che adoperava spesso per viaggi come quello che stava per affrontare: stava per andare a far visita ai suoi genitori fuori città. Era da parecchio che non li vedeva, e dato che almeno una volta al mese tornava da loro, quel giorno sarebbe stato il prescelto. Voleva inoltre mostrare al padre su cosa stesse lavorando il quel periodo.
Christian era un uomo d'affari molto ricco e di successo, e anche abbastanza famoso nel suo campo. Trattava analisi finanziarie ed era richiestissimo tra gli imprenditori. Era diventato qualcuno e questo tutto grazie a se stesso, al suo impegno, alla sua dedizione e perseveranza al lavoro. 
Si era aperto il cancello automatico, che era stato azionato da un telecomandino che aveva l'autista, il quale lo aveva poi chiuso dietro di loro, imboccando la strada di sinistra.
Durante il viaggio, Christian non faceva altro che pensare al proprio lavoro, a quel che avrebbe dovuto fare al suo ritorno o alle strategie da adottare in determinati casi... tutto al di fuori del motivo per il quale si trovasse in quella limousine. Ad un certo punto i suoi pensieri erano stati interrotti dalla voce dell'autista, il quale gli aveva domandato se desiderasse dello champagne o qualcos'altro. Lui gli aveva risposto che lo champagne sarebbe andato più che bene. Così era ritornato sui suoi pensieri, ma con un bicchiere di ottimo champagne in mano.
Aveva aperto la valigetta nella quale erano presenti i suoi lavori, e presi un paio di fogli aveva iniziato ad elaborarne i contenuti. Dopo un po', li aveva riposti di nuovo al loro posto, ed aveva notato un pacchetto: era un piccolo regalo che Christian stava portando ai suoi genitori. Una cornice digitale con diverse foto di tutti i suoi successi... tra meeting aziendali nei quali era lui il protagonista, o quando era stato promosso ad analista finanziario.
La grossa auto stava voltando nella stradina che, di lì a poco, lo avrebbe portato di fronte alla casa dei suoi. Christian nemmeno se n'era accorto, così indaffarato nella sua testa.
La limousine aveva parcheggiato di fronte al cancello: una piccola villetta con un cancello di ferro rosso ed un bel giardino, nel quale erano presenti diversi alberi e cespugli. Il cancello non era manuale, inoltre non c'era abbastanza spazio di fronte casa per parcheggiare quel bolide, così l'autista l'aveva lasciata all'esterno. Anche perché lui sarebbe restato all'interno dell'auto per tutto il tempo, non aveva il diritto di entrare.
Christian aveva aperto il cancello e si stava dirigendo verso il portone di entrata. Mentre lo faceva, aveva notato il piccolo giardinetto di viole di sua madre, che era vicino al portone, sulla sua destra. Era sempre perfetto e curato, lei ci teneva tanto.
Suonato il campanello, ad aprire la porta era stata la madre. Tra baci ed abbracci, si stavano dirigendo al salone e nel mentre Christian le stava raccontando dei suoi successi. La madre era felice di ascoltarlo, e così per qualche minuto lo aveva fatto. Poi però, l'aveva interrotto...

sabato 24 ottobre 2015

Ci credi al colpo di fulmine?

Alcune persone dicono che sia reale, altre invece pensano che sia solo una leggenda. Ma qual è la realtà dei fatti?
Inutile dire che anche stavolta, la soggettività regna sovrana. La visione del mondo, molto più in generale, è soggettiva, e di conseguenza tutto ciò che ne deriva lo diviene. Quindi è normalissimo che accadano casi nei quali due o più persone, trovandosi a discutere sull'esistenza o meno di qualcosa, si vedano in disaccordo. Certo, può anche capitare che si sia tutti della stessa idea, ma non per questo allora il resto del mondo la pensa come noi: ricapitolando, il colpo di fulmine esiste.
Perché dico questo? Lo dico in base a quello che ho appena detto. Esiste, ed è così perché dobbiamo tenere conto del fatto che, avendo noi esseri umani sensazioni diverse gli uni dagli altri, per una parte di noi il colpo di fulmine è reale. Per un'altra no, ma per almeno una sì. Basta questo per rendere reale qualcosa. Quindi esiste, ma non per tutti. Questo perché a coloro i quali non credono in questo fenomeno non gli è mai capitato, ed inoltre sono fatti proprio così. Sono persone con un carattere non predisposto a riconoscere colpi di fulmine, ed a volte nemmeno a provarli sulla loro pelle. Ed ecco, per loro semplicemente non esiste.
Mentre per quanto riguarda le persone che ci credono, la maggior parte di loro ha già vissuto un'esperienza del genere sulla propria pelle e sul proprio cuore, sono uomini o donne predisposti certamente a questa tipologia di avvenimenti, e sono anche molto fortunati a mio avviso.

Però, il colpo di fulmine non è tutta scienza, anzi, il contrario. Non c'è una giusta definizione, ma io credo che esso sia un'inspiegabile sensazione interiore la quale ci avverte che la persona che abbiamo di fronte, pur non conoscendola, potrebbe rivelarsi molto interessante. Certo una definizione un po' lunga, ma come si fa a riassumere un concetto così astratto?

In ogni caso, se mai vi capiterà di averne uno, credetemi, lo capirete. La sensazione è prima di tutto di novità, si sente qualcosa di nuovo... poi si capisce. Giorno e notte con il pensiero fisso su quella persona... insomma, è una sensazione davvero molto bella! Poi però bisogna vedere come si evolve. Se resta solo un colpo di fulmine, oppure si trasforma in

giovedì 22 ottobre 2015

Un dolore che fortifica.

Era sdraiata sul letto, con la coperta ed un plaid addosso tirati su fino alla testa. Sasha aveva passato una notte quasi completamente insonne, non era riuscita a chiudere occhio perché stava soffrendo molto. Il giorno precedente aveva scoperto che il suo ragazzo, Manuel, aveva intenzione di tradirla, e quel pomeriggio lui sarebbe rincasato dal lavoro. Era fuori per un viaggio aziendale e lei non gli aveva ancora accennato nulla sul fatto che sapesse. Era venuta a conoscenza, tramite un amico in comune, che da lì a tre settimane Manuel avrebbe soggiornato un paio di giorni in una città vicina. E non di certo per lavoro, ma per un'altra ragazza.
Da quando era venuta a conoscenza di ciò, Sasha aveva alternato periodi di doloroso pianto a periodi di sofferenza interna. Ed in quel momento era in una immensa sofferenza interna, forse perché aveva esaurito le lacrime, forse perché non sapeva come affrontare la situazione una volta che Manuel fosse rientrato.
Ma era lì, immobile nel suo letto matrimoniale, con le finestre del suo appartamento al 12° piano di un grattacielo in città che avevano una vista mozzafiato su tutto il paesaggio, sia di giorno che di notte. Ma in quella mattina d'inverno tutto sembrava freddo e cupo. Una leggera nebbia avvolgeva dal basso i palazzi di fianco al suo, mentre in cielo governava un colore grigiastro. Sembrava quasi che il clima avesse indovinato in pieno quale fosse l'umore di Sasha in quel momento. Nell'appartamento entrava una luce che riusciva ad illuminare discretamente l'ambiente, ma Sasha restava lì, inerme nel suo tiepido letto, pensando a tutto ed a niente.
Ora ripensava a quei fantastici due anni passati insieme a Manuel, e si chiedeva se tutte le cose, le frasi dette, le sorprese, le emozioni, fossero state reali o solo una grande, infinita menzogna. Ora si chiedeva cosa fosse accaduto dopo, cosa ne sarebbe stato del suo futuro. Ormai convivevano da circa un anno, sarebbe dovuta tornare dai suoi genitori? Non lo sapeva.
In quel momento sapeva solo che sarebbe voluta morire lì, in quell'attimo preciso. Scomparire, per sempre. Sapeva bene che una volta tornato Manuel a casa, avrebbe sofferto ancora, anzi sarebbe stato anche peggio. Perché una cosa è sentirselo dire da un amico, una cosa è, invece, sentirlo dal tuo ragazzo. Ammesso che avesse confessato subito, ovviamente. Era convinta che, se era vero che in quegli anni Manuel l'aveva amata, non l'avrebbe fatta

martedì 20 ottobre 2015

Stare bene con se stessi.

Tutti noi vorremmo sapere quale sia il segreto per far sì che la nostra vita proceda senza intoppi. In altre parole, ogni essere umano vorrebbe sapere come fare per essere felice. A volte non bastano momenti di felicità passeggeri... certo quelli aiutano tanto a far salire l'umore, però per tutti noi, prima o poi, ci sarebbe bisogno di un periodo felice e anche tranquillo.
Mettete per esempio un padre di famiglia: uno che magari lavora tutto il giorno, oppure i lavoratori notturni. Ecco, a loro resta pochissimo tempo libero da spendere insieme alla famiglia e quindi ai figli, che di conseguenza vedranno la figura paterna poco presente nelle loro vite. Queste persone non sono felici. Possono di sicuro avere dei momenti, degli attimi di felicità nel loro percorso, ma finché non subiranno un cambiamento di rotta sostanziale, finché non adotteranno uno stile di vita migliore, essi non potranno essere contenti.
Spesso, nella vita, bisognerebbe puntare alla calma. Ci vorrebbero più giornate in compagnia di persone care o gradite che ore passate in ufficio, sotto stress, alle prese con statici computer i quali non fanno altro che rovinarci vista e schiena. E' vero che al giorno d'oggi, se non si lavora non si va avanti... però è anche vero che se non si è sereni con se stessi, si lavora peggio.
Dunque, la chiave per la nostra felicità potrebbe essere prima di tutto lo stare bene con noi stessi. Vale per le persone più indaffarate come anche per quelle meno impegnate, vale per tutti. Stare bene con se stessi non è solo alla base del proprio appagamento, ma va oltre. Migliora i rapporti sociali, scaccia via le ansie, possiamo affermare che se è vero che non esiste la ricetta perfetta per essere sereni, un primo buon passo è mettersi in pace con la propria persona. Conoscersi, sapere i propri limiti, essere in grado di valutare i propri pregi ed i propri difetti, tutto fa parte del cerchio. Ed una volta che lo si ha chiaro, state certi che il quieto vivere arriverà dopo non molto.
Un altro "metodo", se vogliamo, per stare bene, è non essere dei fantasmi. Intendo dire che il troppo storpia, ma

lunedì 19 ottobre 2015

Amare troppo, amare mai.

C'era una volta un ragazzo il quale aveva un dono speciale. Si chiamava Stewart ed era costantemente innamorato di qualche ragazza. Riguardo a questo dono, però, non capiva ancora se fosse un dono positivo o negativo. Essere innamorati era sì una bella emozione, ma esserlo sempre poteva fargli del male. Non tutte le ragazze erano sincere, buone o gentili, e questo lo aveva capito sin da subito, il povero Stewart. Infatti, nonostante fosse ancora molto giovane, il suo cuore era già andato in frantumi diverse volte, per poi essere ricucito dalla sua forza di volontà nell'andare avanti. Sì perché Stewart era un ragazzo davvero unico nel suo genere, riusciva a vedere il lato positivo in ogni situazione... ma anche se non lo esternava, in fondo lui era un ragazzo molto triste, si sentiva solo e voleva solo la sua felicità e quella degli altri. Era come se avesse due facce, una che mostrava e una che teneva protetta dentro di sé, e questa cosa non faceva che peggiorare la sua situazione. Questo soprattutto nell'ultimo periodo, in cui il suo lato negativo era espresso alla massima potenza. Se fosse stato sempre sincero con se stesso e con quello che desiderava, forse si sarebbe sentito meglio. A volte avrebbe voluto essere un ragazzo con sentimenti normali, come tutti, ma invece lui era così , speciale, e doveva solo imparare a convivere con l'amore.

Stewart abitava in una grande città, e quella mattina si stava dirigendo al bar vicino casa per fare colazione. Era un periodo nel quale era andato in fissa per una ragazza di periferia, Wendy. E ci stava male, non tanto per il sentimento univoco, ma perché lui avrebbe tanto voluto non essere così. Non era una bella cosa innamorarsi di ogni ragazza interessante che conosceva, avrebbe voluto innamorarsi una sola volta nella vita della ragazza giusta. E invece si ritrovava a sperare per ogni fanciulla che mostrava una buona personalità. E quello era il periodo di Wendy, la quale amava i libri, leggeva tutto il giorno. E la fotografia, scattava frammenti di mondo davvero unici. Forse qualsiasi ragazzo con un po' di buongusto si sarebbe infatuato di lei, ma per lui era tutto diverso, lui anche se non voleva, doveva. Era come se fosse un obbligo innamorarsi, ormai lo odiava.
Era appena entrato nel bar, poi si era seduto di fronte al bancone ed aveva ordinato un caffè macchiato. Mentre attendeva la sua ordinazione, ecco che entrava dalla porta del bar una bella ragazza. Era vero che Stewart si innamorava di ogni ragazza interessante, ma 'interessante' non è sinonimo di 'bella'. Infatti, lui non faceva distinzione riguardo l'aspetto fisico, il suo amore cadeva sul carattere. Quindi alla vista di quella ragazza, si era girato nuovamente verso il bancone, in attesa del caffè.
Stewart era un bel ragazzo alto e moro, un bel fisico e occhi color cielo. Attraente di sicuro, il che nuoceva al suo volere primario di non innamorarsi, dato che erano le ragazze a cercare lui. E infatti la signorina appena entrata, sedutasi di fianco a lui, lo aveva salutato chiedendogli

venerdì 16 ottobre 2015

Un mese di "Bloggando con Rò".

Ed eccoci qua... un mese dopo l'apertura di "Bloggando con Rò". Un mese dopo essermi concesso una possibilità per mostrare e dimostrare ciò che amo fare, quello che per me è un hobby ma che spero un giorno diventi un lavoro. Un mese nel quale ho avuto solo da imparare, era inevitabile infatti che nel momento in cui mi fossi immerso nel mondo della scrittura, avrei avuto solo da guadagnarci.
L'idea di aprire un blog nel quale esporre i miei pensieri, i miei racconti, le mie esperienze, mi frullava già da un po' nella testa, almeno da un anno. Ricordo che era il periodo in cui stavo provando a scrivere per la seconda volta un libro, purtroppo senza successo, e un'amica mi aveva consigliato di aprire un blog e farmi conoscere lì. Ebbene a distanza di qualche mese da quel giorno l'ho fatto, e ne vado più che fiero. I motivi per i quali ne vado fiero sono tanti, ma principalmente il mio blog è per me un posto nel quale mi sfogo, un posto in cui cerco di trasmettere qualcosa, dove provo anche a conoscere meglio me stesso. E ovviamente dove faccio conoscere me stesso a voi lettori, tramite l'arte della scrittura, la quale la applico pur non sentendomi un'artista, o almeno non per ora, come ho evidenziato anche nella riflessione scorsa.
Sapete, per chi non ha mai avuto un blog, non è facile agli inizi... e lo sto dicendo io, che agli inizi ci sono fino al collo. Non è facile perché devi perseverare, anche quando le cose vanno male, anche quando magari le visualizzazioni per una giornata si fermano a 15 e non salgono. Tralasciamo i metodi con i quali i blogger di solito si fanno conoscere, ma è proprio una questione di non mollare mai. E' normale che, alla visione di risultati negativi rispetto ai positivi ottenuti nei primi giorni, qualcuno potrebbe demoralizzarsi o addirittura mollare... ma devo essere sincero: per me il mio blog, nonostante sia passato solo un mese fino ad adesso, mi dà sempre delle gioie. Ogni singola visualizzazione che ottengo per me è fonte di motivazione che mi permette di

giovedì 15 ottobre 2015

Cos'è per noi la lettura?

Cos'è per noi la lettura? Quando si pone questa domanda, come base dovrebbe esserci il reale interesse verso i libri e la letteratura in generale da parte del soggetto. Beh, questo accade nel mio caso . Sì perché io amo leggere, e come state vedendo in queste settimane amo anche scrivere. E' vero che non sempre vengono idee valide per scrivere qualcosa, e in quei casi è giusto tacere piuttosto che scrivere una storia o una riflessione che non rispecchia il 100% di noi, o che magari prima di pubblicarla ci si pensa su diverse volte... in quei casi, probabilmente non siamo pienamente soddisfatti del lavoro da noi svolto, e dunque sarebbe meglio evitare di pubblicare. In fondo, quel che conta è la qualità e non la quantità. Sono dell'opinione che un libro, anche se corto, ma ben fatto è migliore rispetto a cinque libri, magari che fanno parte di una serie, magari lunghissimi, ma che alla fine non ti lasciano nulla... perché i libri devono lasciarci qualcosa. E' così, noi stessi leggiamo spesso la trama di un libro prima di comprarlo per valutare se esso possa o meno lasciarci un segno, una volta terminato. E' anche vero che non sempre poi quel che leggiamo dalla trama si rivela nel libro, ci sono casi nei quali la trama ci illude e altri nei quali ci sorprende. I lettori e le lettrici più esperte hanno di sicuro avuto sia la prima esperienza che la seconda. Poi l'opinione è strettamente soggettiva di solito, si parla di gusti personali e quindi lo stesso libro può sia illudere che sorprendere due persone diverse. Ma in ogni caso, un buon libro ci lascia sempre qualcosa. 

Ebbene quando scrivo, provo sempre ad immedesimarmi nei miei lettori, che siete voi. Ed ogni volta, quando completo ad esempio un racconto che mi entusiasma o mi

lunedì 12 ottobre 2015

Un incontro surreale.

Aveva aperto gli occhi. Si sentiva confuso e dolorante alla testa, girava tutto intorno a sé. Batteva una leggera pioggia sul terreno già bagnato.
Si era alzato e aveva cercato di capire dove fosse: era la piazza del suo paesino, era notte ed era tutto vuoto. C'era solo lui lì in mezzo, né auto né persone nei dintorni. Aveva provato a dare un senso a tutto ciò, ma per ora non se lo spiegava. Non ricordava come ci fosse finito lì, come non ricordava nemmeno quello che faceva prima di quel momento... aveva un consistente vuoto di memoria.
Si sentiva solo ed impaurito, tutta la situazione era molto strana... aveva deciso di tornare a casa, magari lì avrebbe scoperto qualcosa in più. Ma la strada non era corta, ci sarebbero voluti un po' di minuti per arrivarci.
Diede un'occhiata al cielo: era scuro come mai prima, della luna nemmeno l'ombra, come anche delle stelle. Gli edifici sembravano tutti uguali, anzi gli davano un senso di abbandono... sembrava quasi che in quel paesino nessuno ci abitasse da diversi anni. Poi quella pioggerellina esaltava ancor più la sensazione di trasandato. Stava proseguendo lungo la strada principale che spesso aveva percorso per fare compere... era tutto chiuso, dai negozi alle case, ma soprattutto delle solite auto parcheggiate abitualmente ai bordi della strada non c'era nemmeno l'ombra. Ancora una volta aveva avuto un senso di vuoto, come se fosse il solo ad abitare quel paese in quel momento. Non lo aveva mai visto così, anzi forse nessuno l'aveva mai visto in quel modo. Le uniche cose che davano "vita" a tutto erano i lampioni, i quali risultavano accesi. Perlomeno aveva la strada ben illuminata.
Mentre camminava aveva inserito le mani in tasca per cercare un fazzoletto, ne portava sempre almeno uno con sé, ma aveva trovato tutt'altro: era un aggeggio in

giovedì 8 ottobre 2015

Le incomprensioni.

La vita è tanto complicata... oggi sai cosa vuoi, domani non più. Le cose, le opinioni, i pensieri che si hanno possono facilmente cambiare da un giorno all'altro. O da un momento all'altro. Le idee che abbiamo possono vacillare per qualsiasi variabile non calcolata da noi. O forse l'avevamo anche calcolata, ma poi l'avevamo messa da parte facendo finta che non ci fosse, sperando che non fosse mai divenuta realtà. Al giorno d'oggi può addirittura bastare un sms, una chiamata o quel che sia per far sì che una sicurezza, la quale era presente fino all'attimo prima, svanisca nel nulla, come se non fosse mai esistita. Come se quella persona con quel determinato gesto ti abbia buttato giù una piramide di programmi e previsioni che ti eri fatto nei mesi o anni prima. Oppure può semplicemente accadere che un episodio ti confermi solo i dubbi che ti eri creato nella tua testa fino a quel momento, che le paure nella tua testa dopotutto non erano così infondate.
Insomma, possiamo dire che queste cose te la complicano, la vita. Magari credevi di aver trovato finalmente la serenità, e invece arriva un momento in cui ti rendi conto che così non è, che in realtà sei messo come prima, se non peggio. E queste complicanze alimentano la rabbia, la delusione, la rassegnazione che ci sono dentro di te. Ed arrivato ad un certo punto pensi solo di mollare, di mandare tutto a quel paese perché tanto tu, da solo, stai anche meglio. O forse no. O forse hai solo bisogno della persona giusta nella tua vita, di quella persona che ti stravolge l'esistenza, di quella che le sicurezze te le da, sempre. Beh, forse... non lo sai nemmeno tu, in fondo. Sono solo ipotesi le tue.

Addirittura ti sorge il dubbio che magari quello sbagliato potresti essere proprio tu. Per quanto ne sai, quel che accade potrebbe essere colpa di un tuo comportamento sbagliato che ha scaturito tutto ciò. E' vero, se ne parla di solito quando accade qualcosa che non va, ma non siamo tutti uguali. Ognuno reagisce a modo suo. Potrebbe essere che l'azione o le azioni inaspettate che hai ricevuto siano semplicemente una conseguenza ad un tuo comportamento sbagliato.

Però poi ti rilassi, ci pensi, e arrivi ad una conclusione... un pensiero facile e pulito. Ovvero che non bisogna

martedì 6 ottobre 2015

Una strana festa notturna.

Quella notte sarebbe stata fantastica. Stavo per andare ad una festa organizzata nel mio campus, una di quelle nelle quali non vai a dormire a fine serata. Non era la prima per me, però non ne avevo nemmeno avute molte. C'era di tutto, dalla birra alle ragazze, non mancava nulla. Bisognava solo rendere quel giorno indimenticabile.
Io ed i miei coinquilini eravamo in camera nostra a prepararci per la nottata... Jack era in bagno alle prese con i suo ciuffo ribelle, Erick stava scegliendo quale camicia indossare, Tom invece era già pronto, come sempre. Ed io invece stavo infilando le mie nuove scarpe color blu elettrico. Mi sembravano perfette per l'occasione.
Non appena Jack aveva finito di sistemarsi i capelli, eravamo tutti pronti, quindi stavamo uscendo fuori dalla camera. Già mettendo il piede fuori dalla stanza, c'era aria di festa: i corridoi erano pieni di ragazzi, chi beveva, chi si baciava, chi parlava. Noi avevamo deciso di dirigerci fuori, verso il banco sul quale potevamo trovare dell'alcol bello fresco.
Avevamo preso tutti e quattro della birra per ora... la notte era giovane. Si sentiva musica ovunque ci girassimo, e lì fuori era come se fosse un gran ballo di gruppo. Quindi, avevamo deciso di iniziare proprio così la nostra notte, ovvero ballando e magari rimorchiando qualche bella ragazza.
Non ci era voluto molto perché Erick facesse colpo su una ragazza alta e mora e così si era diviso dal gruppo. Subito dopo era toccato a Jack con una francese, ed eravamo rimasti solo io e Tom. Noi due non amavamo particolarmente ballare, quindi ci eravamo diretti di nuovo al banco degli alcolici. Eravamo stati lì per parecchio tempo, tra Vodka, Malibu e Martini avevamo bevuto tanto. Intanto un paio di ragazze bionde si erano avvicinate a noi e dopo una prima conoscenza, eravamo andati tutti insieme dove si trovava la maggior parte del campus, ovvero in un edificio nel quale si organizzavano giochetti tipici di quella tipologia di party. Era stato qui che avevamo incontrato sia Jack che Erick, i quali erano con due ragazze differenti da quelle con le quali ci avevano lasciato qualche tempo prima.
Era proprio come avrei voluto che fosse... quella notte sarebbe restata nella storia! Tra provare a centrare un bicchiere con una pallina o scivolare il più possibile su dei tavoli , la serata stava andando alla grande. Ci stavamo tutti divertendo e probabilmente quella notte nessuno di noi sarebbe andato in bianco. Ad un certo punto, Tom aveva anche vomitato tutto l'alcol assunto in quella nottata.
Non avevamo idea di che ore fossero ma era tempo di rientrare in camera, non soli, bensì in buona compagnia: eravamo in otto, tutti diretti alla camera 308. Arrivati qui, c'era ad attenderci una sorpresa a dir poco spiacevole... la porta era

domenica 4 ottobre 2015

Una domenica variabile.

Era una domenica mattina. Una mattina di maggio nella quale il sole splendeva alto nel cielo, che era celeste con qualche sprazzo di nuvole bianche qua e là, le quali rendevano armonioso tutto il paesaggio. Si udivano gli uccellini cinguettare e le campane della chiesa ridondare su tutto il piccolo paesino. Qui tirava un leggero e piacevole vento che proveniva dalle montagne, le quali erano visibili in lontananza. Gli abitanti erano riversati nel piccolo mercato in centro, centinaia di voci provenivano da quel groviglio di persone. Il paesino era in festa.
Carl era già sveglio, non poteva dormire in una giornata come quella. Non importava se il suo unico giorno libero era la domenica, perché quella mattina si era svegliato felice, contento ed impaziente di affrontare quella mattinata domenicale magica.
Si era lavato e vestito, poi aveva fatto colazione... infine era uscito fuori, assaporando il buon odore della primavera. Lui amava stare in compagnia dei suoi compaesani, era come se fossero tutti una grande famiglia.
Era andato al mercato ed aveva fatto un po' di compere, ad esempio aveva comprato della verdura fresca per il pranzo, poi una bella camicia che avrebbe utilizzato appena ne avesse avuto l'opportunità. Veniva salutato e salutava tutti. Gli piaceva quando accadeva, lo faceva sentire bene con se stesso e con gli altri. Aveva anche incontrato un amico di famiglia, con il quale si era messo d'accordo per la domenica successiva: avrebbero tutti pranzato da lui. Avrebbe dovuto avvisare sua moglie, non appena fosse rincasato.
Si era diretto in piazza ed aveva deciso di sorseggiare un caffè in compagnia degli anziani signori che puntualmente ogni domenica mattina erano lì, in una specie di riunione tra amici di vecchia data. Anche per loro ogni domenica era una festa, più degli altri giorni. Nessuno sapeva darsi una spiegazione logica e razionale, ma di domenica erano tutti più felici e tranquilli.
Era come se il settimo giorno della settimana tutti i problemi sparissero, tutti i litigi si risolvessero ed in più era come se tutto il cibo fosse più buono. La domenica aveva il gusto della vittoria, in tutti i sensi possibili.
Ma si sa, il tempo è variabile, soprattutto a maggio... così da un momento all'altro il sole si era ritirato dietro a delle nuvole nere, che erano arrivate dalle montagne ed avevano sostituito le belle e candide nuvole bianche di prima. Gli uccellini avevano smesso di cinguettare, e tutti stavano correndo per rifugiarsi nelle proprie abitazioni: stava arrivando un forte temporale. Carl, finito il caffè, si stava dirigendo verso casa.
Ma nonostante ciò, l'umore dei cittadini e di Carl non era minimamente cambiato. La nuova situazione aveva portato via alcune gioie presenti fino a

venerdì 2 ottobre 2015

Il mondo sta morendo ed è colpa nostra.

Ultimamente si sentono sempre più spesso notizie di alluvioni, tornado, tsunami, terremoti, ecc... da tutto il mondo. Queste calamità sono sempre accadute, sin dalla nascita della Terra... ma senza dubbio nelle ultime decadi la quantità e l'intensità di questi avvenimenti sono aumentate a dismisura. Ci saranno di certo tanti motivi diversi per cui accade tutto ciò, ma credo che uno dei più importanti sia senza dubbio l'uomo. Esatto, l'uomo. La relazione tra uomo e natura ormai è in stati precari, noi non abbiamo più rispetto per il nostro pianeta. Questa non è di certo una novità, il che rende la faccenda ancor più grave: tutti noi pur sapendo la situazione nella quale ci troviamo, non facciamo nulla oppure non facciamo abbastanza per far sì che tutto questo non accada. La maggior parte di noi inoltre, pensa che una singola persona di certo non cambia il mondo... beh, pensate anche se questo stesso pensiero lo avessero tutte le persone: accadrebbe quel che di fatto sta realmente accadendo. Lasciamo stare che in questo mondo regna l'omertà, però tante persone sono egoiste e noncuranti sotto questo fronte... ed è una brutta, bruttissima cosa. Perché non solo stiamo vivendo male noi, ma faremo vivere male anche i nostri postumi se si continua di questo passo. Si rischia davvero di mandare a monte il già fragile equilibrio del pianeta, e in questo modo quelle catastrofi non faranno che aumentare ancora. Dovremmo concentrarci più a preservare la terra che a trovare un altro pianeta in chissà quale galassia.
Prima ho dato la colpa all'uomo... e adesso voglio riconfermare e fortificare "l'accusa". Perché da questi cataclismi chi subisce, oltre alla natura stessa, è proprio l'uomo! Si sentono, in base alla gravità del fenomeno, dalle decine alle

giovedì 1 ottobre 2015

Una vera amica.

Era il primo giorno di scuola per Thomas. O meglio, il primo nella nuova scuola... lui e la sua famiglia si erano trasferiti da poco lì per questioni lavorative. Avrebbero vissuto meglio, questo è vero, però Thomas ormai aveva consolidato forti rapporti con i suoi coetanei nella città dov'era prima, e nella nuova si sentiva solo... magari era solo l'inizio ad essere duro, ma chi poteva dirlo? E poi si sa, i bambini di otto anni sono facilmente condizionabili da questi cambiamenti improvvisi di vita. In ogni caso, per lui quello era il primo giorno nella nuova scuola, dove lo attendevano nuovi compagni di classe e, sperava, nuovi amici. Aveva paura di non trovarsi bene con il nuovo gruppo classe, e poi lui era timido con i bambini che non conosceva ancora. Sperava che il primo passo l'avessero fatto loro, come in effetti sarebbe dovuto essere, era giusto così. Quando arriva qualche persona nuova e tu ti trovi in un gruppo, il primo passo, se sei interessato, lo fai tu. Però stiamo parlando di bambini, e quindi questa regola valeva ben poco nella situazione di Thomas.
Si trovava in auto con la mamma, con la quale la sera prima aveva preparato lo zainetto. Essa, notando il viso turbato di suo figlio, stava tentando di tranquillizzarlo, mentre stava parcheggiando l'auto di fronte la scuola.
Salutata la mamma e sceso dall'auto, Thomas si stava dirigendo verso l'entrata principale. Ma nel tragitto, la voce di una bimba lo aveva colto di sorpresa: stava parlando con lui! Si era girato ed aveva notato questa bambina, probabilmente sua coetanea, che gli stava parlando. Gli aveva chiesto come si chiamasse, da dove venisse, e perché non l'aveva mai visto prima da quelle parti. Thomas dopo essersi presentato, le stava spiegando che si era trasferito lì da poco. Poi, però, si erano dovuti salutare, perché stavano per iniziare le lezioni.
Thomas era entrato in classe, ma aveva scoperto che la bambina non c'era... forse era o più grande, o più piccola di lui. Ma soprattutto si era reso conto che non le aveva chiesto il suo nome! All'improvviso si era sentito triste.
Il resto della mattinata era passato bene per fortuna, dopo essere stato presentato dalla maestra, aveva parlato un po' con i nuovi compagni di classe e si era trovato meglio di come aveva immaginato. Di sicuro era anche merito di quella bambina, che lo aveva per così dire "sbloccato" prima di entrare in classe. Thomas aveva voglia di rivederla, non vedeva l'ora che arrivasse il secondo giorno di scuola.
Quella sera, era andato a letto speranzoso per la mattina seguente.

Si era svegliato presto, preparato in fretta, consumato la sua colazione e poi con la mamma erano volati a scuola con dieci minuti di anticipo.
Arrivati, aveva salutato la mamma ed era sceso. Si stava dirigendo verso l'entrata, ma la bambina non c'era... si era girato intorno, ma niente. Allora si era andato a sedere sulle scale che portavano all'entrata, aspettando che suonasse la campanella. Era triste, e si sentiva di nuovo solo... ma all'improvviso