lunedì 12 ottobre 2015

Un incontro surreale.

Aveva aperto gli occhi. Si sentiva confuso e dolorante alla testa, girava tutto intorno a sé. Batteva una leggera pioggia sul terreno già bagnato.
Si era alzato e aveva cercato di capire dove fosse: era la piazza del suo paesino, era notte ed era tutto vuoto. C'era solo lui lì in mezzo, né auto né persone nei dintorni. Aveva provato a dare un senso a tutto ciò, ma per ora non se lo spiegava. Non ricordava come ci fosse finito lì, come non ricordava nemmeno quello che faceva prima di quel momento... aveva un consistente vuoto di memoria.
Si sentiva solo ed impaurito, tutta la situazione era molto strana... aveva deciso di tornare a casa, magari lì avrebbe scoperto qualcosa in più. Ma la strada non era corta, ci sarebbero voluti un po' di minuti per arrivarci.
Diede un'occhiata al cielo: era scuro come mai prima, della luna nemmeno l'ombra, come anche delle stelle. Gli edifici sembravano tutti uguali, anzi gli davano un senso di abbandono... sembrava quasi che in quel paesino nessuno ci abitasse da diversi anni. Poi quella pioggerellina esaltava ancor più la sensazione di trasandato. Stava proseguendo lungo la strada principale che spesso aveva percorso per fare compere... era tutto chiuso, dai negozi alle case, ma soprattutto delle solite auto parcheggiate abitualmente ai bordi della strada non c'era nemmeno l'ombra. Ancora una volta aveva avuto un senso di vuoto, come se fosse il solo ad abitare quel paese in quel momento. Non lo aveva mai visto così, anzi forse nessuno l'aveva mai visto in quel modo. Le uniche cose che davano "vita" a tutto erano i lampioni, i quali risultavano accesi. Perlomeno aveva la strada ben illuminata.
Mentre camminava aveva inserito le mani in tasca per cercare un fazzoletto, ne portava sempre almeno uno con sé, ma aveva trovato tutt'altro: era un aggeggio in
acciaio, leggero e dalla forma cilindrica. Aveva delle fessure di vetro dalle quali si notava del liquido verde... ma cos'era quella roba? Non l'aveva mai vista prima. Dopo averlo riposto in tasca, aveva continuato il suo viaggio fino a casa sua. Era a metà strada, c'era quasi.
Aveva ancora un forte mal di testa che non passava, inoltre la lieve pioggia era diventata un po' più forte... doveva sbrigarsi a raggiungere casa. Aveva iniziato a camminare più in fretta, quasi era diventata una piccola corsa, e così in pochi minuti si era ritrovato a svoltare nella sua stradina. Su quella strada fin da piccolo ci giocava, ed essendo in discesa la percorreva spesso a massima velocità con la sua bicicletta. Si divertiva un sacco, e vederla adesso così vuota gli faceva male... doveva capire cosa stava accadendo.
Stava correndo verso casa sua e nel mentre iniziava a sentire una lieve vibrazione nella sua tasca... doveva essere l'aggeggio in acciaio! Dopo poco però non vibrava più, e lui era arrivato di fronte casa sua. Sorprendentemente la sua era l'unica casa con la luce accesa. Quindi, stava salendo le scale, sicuro finalmente di trovare le risposte alle proprie domande.
Dopo aver bussato, aveva aperto sua madre. Era entrato come se nulla fosse, e sul divano c'era suo padre. Entrambi erano sorridenti come mai prima di allora. Solo che... sembravano diversi, diversi in qualche dettaglio. Poi dal corridoio era arrivata sua sorella, e subito dopo era arrivata in salotto una persona che mai avrebbe creduto di incontrare... se stesso. Aveva iniziato a sudare freddo e ad entrare più in confusione di quanto non fosse già... poi però i suoi genitori gli chiesero di sedersi, e insieme gli stavano spiegando la situazione.
Loro non erano la sua reale famiglia, ma erano la stessa famiglia presente però in un altro universo, un universo parallelo. Infatti, tutti gli avevano fatto notare che i colori dei vestiti del suo doppelgänger erano diversi dai suoi, seppur fossero gli stessi vestiti. Identica cosa avveniva per gli altri membri della famiglia. Inoltre, lui si trovava lì solamente per curiosità: gli avevano detto che chiunque passasse il "confine", automaticamente dimenticava di averlo fatto e perché si trovasse lì. In strada e nelle case non c'era nessuno perché quell'incontro era dedicato a lui soltanto e di conseguenza l'universo aveva eliminato tutto il superfluo.
Ora era tutto più chiaro... a parte una cosa. Il pezzo di acciaio nella sua tasca.
Riguardo a quello, gli avevano detto semplicemente che serviva per tornare indietro, bastava inserirlo in un macchinario che possedevano tutti in quell'universo e lui sarebbe tornato nel suo mondo.
Dopo un po' di tempo passato con i doppelgänger della sua famiglia, era ora di andare. Aveva salutato tutti, ma era un arrivederci, non un addio. Si sarebbero incontrati di nuovo, presto.
Aveva inserito il pezzo nell'apposito buco, e all'improvviso tutto era diventato bianco... poi tutto nero. Quando aveva aperto gli occhi, era sul suo letto, nella sua camera. Nel suo universo.

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