domenica 1 novembre 2020

Viaggio tra sogno e realtà.

Varsavia, anno 2103. Klaus camminava per le strade di quella città, ormai morta, che un tempo era stata la capitale di uno Stato chiamato Polonia. Era stato fortunato a poter usufruire dell'insegnamento di un docente, ora che in nessuna parte del globo c'era un sistema scolastico. Grazie a ciò, sapeva che più di 150 anni prima, il suo paese era stato teatro di guerre e sofferenze, e come ricordo di tutto ciò c'era una cittàOświęcim, in cui ci fu il più grande campo di concentramento. Sapeva anche che la maggior parte del mondo la conosceva col nome di Auschwitz, che era il nome tedesco.
Klaus si trovava su quelle strade perché quello era il giorno settimanale del mercato. Qui si potevano trovare oggetti pre-catastrofe, vestiti nuovi e vecchi, ma anche del cibo, seppur più di rado e per questa ragione era uscito presto da casa sua per arrivare tra i primi sul posto.
Durante il tragitto, il suo sguardo era caduto su un manifesto, ancora colorato, su cui si poteva leggere: LA FINE E' VICINA, datato 2077. Lui era troppo piccolo per ricordare qualcosa, ma i suoi genitori gli avevano raccontato che il mondo così come lo conoscevano loro, era terminato per una serie di fattori. 
Circa novant'anni prima ci fu un brutto virus, preso sottogamba da molti paesi nel mondo. Ciò nel giro di un lustro mise in ginocchio grandi potenze come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia. L'economia calava a picco dovunque, tranne che in una Nazione: la Cina. Essa prosperava ed avanzava. Fu così per circa trent'anni, periodo durante il quale il mondo provò a rialzarsi ma in cui, allo stesso tempo, si crearono maggiori antipatie tra le Nazioni. La situazione sembrava abbastanza stabile, ma poi circa cinquant'anni prima le risapute emergenze climatiche divennero insostenibili e così la natura cominciò a ribellarsi: i mari e gli oceani crebbero grazie allo scioglimento dei ghiacciai, la temperatura salì in tutto il mondo di diversi gradi e molte zone divennero desertiche, l'inquinamento mise K.O. lo strato di ozono che ci proteggeva. Suo padre diceva sempre che si sarebbe potuto ancora evitare tutto, ma il mondo andò man mano nel caos: gli equilibri già sottili tra le potenze mondiali si spezzarono per via di scuole di pensiero differenti riguardo a come agire contro la nuova minaccia, e così si finì in guerra. La terza guerra mondiale, durata dal 2075 al 2078, anno in cui la Cina decise di radere al suolo quasi tutto il mondo. Alcuni pazzi sostengono che sia stato meglio così, che il mondo aveva bisogno di una pulizia : basta smartphone, basta internet e social. La verità è che, con un po' di buonsenso, si sarebbe potuto evitare tutto quando i problemi erano ancora gestibili.
Sta di fatto che ormai la situazione in tutto il mondo era tornata più o meno a com'era seicento anni prima, un downgrade enorme avvenuto quasi all'improvviso. Il periodo che stavano vivendo era ancora un periodo di "passaggio", in cui i superstiti della guerra provavano a ricostruire qualcosa che forse era perduto per sempre. Più che altro sopravvivevano in un mondo ormai ai limiti della vivibilità. 
L'unica notizia positiva, in tutto quel caos, era che l'inquinamento era praticamente pari allo zero e la speranza era che la natura si potesse riprendere pian piano da sola.
Anche Klaus con i suoi genitori sopravvivevano, erano stati tra i pochi fortunati ad avere ancora una casa in cui vivere, appena scalfita dalla catastrofe. Il padre lavorava in miniera, come la maggior parte degli uomini: bisognava ricostruire ed i materiali erano fondamentali, mentre quando era a casa si occupava della terra, i cui frutti per la maggior parte sfamavano lui e la mamma. Quest'ultima si dedicava alle faccende domestiche e si prendeva cura di un paio di vacche e qualche gallina, nonché di Klaus. Lui faceva ciò che poteva poiché aveva solo tredici anni. E per l'appunto, recarsi a fare compere al mercato locale era tra le sue mansioni. 
Stava guardando tra vari oggetti presenti su di una bancarella e vide parecchi orologi di ogni forma e misura, alcuni con dei nomi scritti al centro, altri senza, alcuni col vetro rotto, altri quasi impeccabili, alcuni con il cinturino mezzo logoro o spezzato, altri, pochi, erano messi meglio. Questo genere di cose appassionava Klaus, ma sapeva bene che non era lì per acquistare cianfrusaglie, bensì per cercare cibo o indumenti adatti. Procedendo verso la bancarella del cibo osservò altri buffi oggetti principalmente con sfondo nero: sembravano molto costosi sia adesso che quando furono prodotti prima della guerra e non sapeva dire se il valore adesso fosse aumentato o diminuito. Avrebbe domandato al padre, di ritorno. Sulla stessa bancarella vide anche degli strani oggetti che non sapeva identificare ma non erano cellulari, né tablet... lo incuriosivano. Infine arrivò alla sua destinazione: c'era una fila composta da una decina di persone, ma essa si sì esaurì in fretta e così dopo cinque minuti toccava a lui. Prese del riso, delle patate e della verdura fresca, tutto cibo importante ma ancora non presente tra le coltivazioni di suo padre. o almeno non in quel periodo dell'anno.
Stava ritornando verso casa, ma si soffermò ancora sulla bancarella degli smartphone e degli orologi. Il venditore, un tipo alquanto sinistro, con un cappuccio indosso ed occhi spalancati, vedendolo interessato gli domandò cosa volesse acquistare, ma lui rispose che stava solo guardando. Ed in effetti soffermandosi su altri oggetti, notò anche dei rasoi, delle cuffie e quelli che dovevano essere hard disk. poi il suo sguardo cadde ancora sugli oggetti misteriosi... così domandò al venditore cosa fossero. Egli sorrise, era un sorriso molto strano. Come di qualcuno che ha appena vinto qualcosa di grosso. Poi disse a Klaus di prenderne uno, che sarebbe stato suo. Non voleva nulla in cambio. Klaus rimase sbalordito: di solito tali aggeggi hanno un costo davvero elevato. Rifiutò, pauroso. Ma il venditore insistette affinché Klaus ne prendesse uno, allora la curiosità del ragazzo ebbe il sopravvento e ne prese uno, ringraziando. "Grazie a te!" esclamò lo strano uomo.

Una volta arrivato a casa, consegnò la merce alla madre, poi le domandò se lei sapesse il nome dell'aggeggio che quell'uomo gli aveva regalato. Lei disse di no ma gli consigliò di domandare al padre quando fosse ritornato dal lavoro. Nel frattempo, Klaus andò in camera sua, Voleva capire se l'apparecchio si potesse avviare, in qualche modo. Esso era di colore grigio, più lungo che largo ma piccolo nel complesso, stava comodamente in due mani. Aveva dei tasti dal lato sinistro e altri dal lato destro ed un display centrale. Dietro, c'era una sorta di vano. Apparentemente non dava segni di vita, ma poi riuscì a scoperchiare il vano: bisognava inserire due batterie! E lui sapeva benissimo dove prenderle. Corse dall'altro lato della camera e le estrasse dalla sua vecchia lampada, così le inserì all'interno dell'apparecchio, richiudendo il vano. Guardò su di un lato: Sopra un tasto c'era scritto POWER. Così lo premette e qualcosa apparve sul display. Probabilmente era in possesso di ciò che in passato veniva chiamato videogame. Eppure non partiva nessun gioco... poi apparve una scritta. Sembrava inglese, ma lui non lo parlava né lo capiva bene. Era una domanda, della quale riuscì a tradurre solo le parole "fine", "mondo" e "cambiare". Pensò che fosse strano iniziare così un videogioco, ma in fondo lui non ne aveva mai giocato uno quindi non sapeva giudicare. Le opzioni erano due: Sì e No. Fece Sì. E fu l'ultima cosa che fece, perché svenne sul suo letto e si risvegliò, non sapeva dire quanto tempo dopo, sul letto di qualcun altro. 
Si svegliò quasi spaventato: sentiva tanto casino provenire da ogni parte. Si affacciò alla finestra: dove diavolo era capitato? gente in mezzo alla strada, tanta gente, che andava a destra ed a sinistra, entrava ed usciva da negozi. I negozi poi! Decine di negozi tutti in perfetto stato... non sapeva darsi una spiegazione. Così uscì di corsa dalla sua camera per cercare sua madre che probabilmente era in cucina e mentre percorreva quella casa si rese conto di conoscerla e che effettivamente, anche se non gli era sembrato fino a quel momento, quella era casa sua, anche se con qualcosa in meno e qualcosa in più. Ma soprattutto era totalmente diversa in quanto ad arredi. Arrivò dunque nella cucina, ma di sua madre nemmeno l'ombra. Ma doveva essere lì! Quella era casa sua... solo che tutto il resto no. Non gli sembrava affatto il suo paese, quello. Preso dal panico, andò al frigorifero a prendere un bicchiere d'acqua, che scolò come se non bevesse da secoli. Chiudendo il frigorifero, poi, notò un calendario, ma non era come quello che avevano appeso al loro frigorifero.
Fece cadere il bicchiere vuoto sul pavimento per lo shock quando su di esso lesse l'anno 2018.

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