mercoledì 30 settembre 2015

Dalla Terra a Marte: una partenza storica.

Finalmente era arrivato il tanto atteso giorno della partenza. Tra poche ore sarei stato catapultato nello spazio insieme a Connor, mio compagno ed amico. Dopo anni di ricerche e di prove, molte delle quali andate male, si era arrivati ad una soluzione per mandare per la prima volta l'uomo su Marte. Ci erano voluti decenni dalla scoperta della presenza di acqua allo stato liquido sul pianeta Rosso, a questo giorno. Il giorno in cui l'umanità avrebbe compiuto un grandissimo passo, al quale ne sarebbero seguiti molti altri negli anni a venire. Il giorno in cui Victory 092815b sarebbe partita dalla Terra con due uomini a bordo pronti per un viaggio di tre anni, otto mesi e venticinque giorni verso Marte, poi altrettanti per tornare sulla Terra, con lo scopo di prelevare centinaia di campioni e testare diverse ipotesi per avere un'idea estremamente più chiara del pianeta. Nel caso fosse stato in qualche modo abitabile, si sarebbe provveduto a mandare una grossa navicella con centinaia di persone di tutte le età ed etnie per colonizzare il pianeta Rosso, da sempre sogno dell'umanità. Tutto questo era possibile principalmente grazie ad un nuovo materiale scoperto più di mezzo secolo prima da uno studioso sudamericano: il sivel. Questo materiale era stato creato quasi per caso dall'unione di diverse leghe ed elementi tra di loro. Inutile dire che la "ricetta" originale era rimasta segreta. Ormai tutto faceva denaro, in questa società sempre più egoista. Il sivel era 150 volte più forte dei materiali di uno Shuttle del ventunesimo secolo. Poteva tranquillamente affrontare un duro viaggio come quello che stava per sostenere Victory, creata quasi interamente con il sivel. Ma soprattutto permetteva velocità infinitamente maggiori, mantenendo lo stesso equilibrio nell'abitacolo. Tutto questo insieme aveva appunto permesso di poter fare quello che stava per accadere.

Io ero nella mia camera all'interno del centro spaziale, mi stavo preparando. Era indescrivibile quello che stavo provando in quel momento, stavo per passare alla storia come il primo uomo su Marte. Anzi, se ci pensavo, ormai ero già passato alla storia, ormai ero sui libri. Avevo come un mix di emozioni in corpo: ansia, paura, ma soprattutto felicità e determinazione. Alle spalle avevo cinque anni di dura preparazione per i prossimi sette anni e più che mi aspettavano. Anzi, in effetti gli anni di preparazione erano di più, se contiamo quelli non dedicati alla vita nella navicella. Nonostante il miscuglio di emozioni che avevo dentro, io ero prontissimo per partire alla volta del nuovo pianeta, sconosciuto alla visione di un occhio umano dal vivo.
Stavo prendendo la mia tuta... la targhetta recitava il mio nome: Murphy. Provavo orgoglio in quel momento. Ero fiero di me stesso.


Ero pronto. D'un tratto l'altoparlante centrale avvisa me e Connor di recarci al
tunnel per l'imbarco. Riuscivo a muovermi, anche se molto lentamente. Alla fine, però, ero arrivato a destinazione. Dopo un paio di minuti era arrivato anche il mio compagno di viaggio con il quale avrei condiviso tutte quelle emozioni. Adesso tutto era pronto. L'imbarco era previsto per le nove di mattina, erano le nove meno cinque minuti. C'era giusto il tempo di salutare i familiari, prima di inserire il casco... mia moglie. Quanto mi sarebbe mancata! Si stava avvicinando a me, ma io le ero corso in contro, l'avevo abbracciata fortissimo e poi baciata. L'avevo rassicurata, le avevo sussurrato che sarebbe andato tutto bene. Poi avevo aggiunto che mi sarebbe mancata... lei mi stringeva forte, quasi a non volermi far andare via... ma il tempo scorreva, ed era ora di salire su. L'avevo baciata un'ultima volta, poi mi stavo dirigendo verso l'entrata di Victory, che sarebbe stata casa mia per i prossimi sette anni, cinque mesi e diciannove giorni, escludendo il tempo che avrei passato su Marte.
Io e Connor aspettavamo solo il via da parte del comando principale. In volto gli avevo letto le stesse emozioni che provavo anche io.
All'improvviso era arrivato l'ordine di salire su Victory. Stavamo salendo le scale estraibili che ci avrebbero condotto alla posizione di controllo. Per la maggior parte, Victory era di colore bianco... aveva di tutto quella navicella. Inoltre, da ormai più di cent'anni esistevano concentrati energetici che mantenevano il corpo in forma per settimane... quello del nutrimento non era un problema.
Ci eravamo posizionati ai nostri posti. Poi erano passati diversi minuti per le varie preparazioni... Connor era l'addetto per la verificazione che nella navicella tutto funzionasse. Era tutto perfetto, si poteva partire.
Era iniziato il countdown di un minuto. Avevo il cuore in gola, tremavo. Avrei voluto urlare di fermare tutto per un momento, ma poi per fortuna ero tornato in me stesso. Meno 30 secondi. Nella mia mente stava passando tutta la mia vita... il primo bacio, il mio lavoro, il matrimonio... mi sarebbe mancato vivere sulla Terra per così tanto tempo. Meno 15. Il momento della partenza era vicinissimo. Speravo solo che fosse andato tutto bene, e non come cinque anni prima, quando in una simulazione era saltato tutto in aria.
Meno 10. Avevo strinto forte le mie mani, come per scaricare la tensione, ma inutilmente. Quello che stava per accadere non era facilmente scaricabile. Ma ormai c'eravamo.
Meno 5. 4. 3. 2. 1.
Un rumore assordante era partito da ogni punto intorno a me, la gravità mi stava spingendo verso il basso. Era di sicuro tutto più intenso del simulatore. Non riuscivo più a pensare, e forse era meglio così.
Dopo qualche minuto, la calma. Avevo guardato fuori dall'oblò: stavo lasciando la Terra.
18 Maggio 2183: ero nello spazio, diretto su Marte.



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